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L’UNIONE SARDA – THE ZEN CIRCUS, “NOI? MAI STATI DI MODA”

Tratto da L’UNIONE SARDA – giovedì 7 giugno 2018 – Spettacoli e Società, pagina 45

La musica live di AteneiKa 2018 prosegue. L’appuntamento, questa sera, è con il rock degli Zen Circus. La band toscana è pronta a tornare in Sardegna con il suo ultimo lavoro, “Il fuoco in una stanza”. Un disco che, a vent’anni dall’esordio, ha regalato agli Zen il primo posto nella classifica italiana dei vinili più venduti, il settimo in quella degli album e ha portato le performance del gruppo a un livello superiore: «Le date invernali sono state le più grosse per produzione e le più belle della nostra vita», ci ha raccontato il batterista Karim Qqru, nato ad Alghero e di casa in Sardegna per gran parte dell’anno.
È vero che avete iniziato a lavorare a questo disco già da prima che uscisse “La terza guerra mondiale”?
«Sì, da quando abbiamo il nostro studio di registrazione a Livorno, è cambiato il nostro modo di lavorare e i tempi si sono dilatati, ma in senso buono. Alla fine della registrazione de “La terza guerra mondiale” avevamo anche altri pezzi, che stavano prendendo una direzione diversa sia nei testi, che nella musica e uno di questi era “Il fuoco in una stanza”».
I due progetti si sono influenzati a vicenda?
«Ne “La terza guerra mondiale” c’è una lente sul mondo, che poi nei testi va a ingrandire delle piccole storie e la vita di tutti i giorni, spesso nella sua dimensione privata. Ne “Il fuoco in una stanza” è l’esatto contrario, ci si concentra su tutte le sfumature dei rapporti famigliari, interpersonali e il mondo esterno fa da luogo della tragedia».
Cosa c’è dietro la metafora del fuoco in una stanza?
«In modo molto simbolico vedevamo il fuoco come una rappresentazione di tutto quello che di positivo o negativo può avvenire nel privato, dal dolore per una vita familiare andata a rotoli, fino al concetto di rivoluzione personale e privata di una persona, il tutto fra le quattro mura di una stanza».
Come nella copertina.
«Per noi la cover è sempre fondamentale, ma ancora di più per capire questo disco, il più giocato per simboli e immagini della nostra produzione».
A vent’anni dal primo album, avete raggiunto l’apice del successo di pubblico solo con gli ultimi tre lavori. Come se lo spiega?
«Sicuramente da parte nostra c’è stato quello che chiamiamo l’effetto nomadi. Non siamo mai stati di moda, non è mai stato il nostro anno, ma abbiamo sempre avuto un’etica lavorativa ben precisa, che riguarda il nostro concetto di indipendenza in un momento in cui si usa il temine “indie” per nulla. Negli ultimi due anni i grandi media si sono resi conto che ci sono molti gruppi che vendono tanti dischi e suonano tanto in giro, nonostante la mancanza di promozione e di supporto da parte delle radio. Così si sono svegliati e hanno iniziato a passarli».
Dopo un tour invernale esaltante, ripartite proprio da Cagliari.
«Sì, è bello ricominciare da una città così importante per me, la mia vera casa, una città piena, viva ed europea».

[Cinzia Meroni]
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